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Procedimento tributario e difesa del contribuente

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L’opera fa seguito ad un precedente lavoro dello stesso Autore, Francesco Tundo,  (La partecipazione del contribuente alla verifica tributaria, Cedam, 2012), circoscritto ad un’area ben definita dell’istruttoria, e affronta puntualmente le diverse scansioni del procedimento tributario.

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Descrizione

L’opera fa seguito ad un precedente lavoro dello stesso Autore (La partecipazione del contribuente alla verifica tributaria, Cedam, 2012), circoscritto ad un’area ben definita dell’istruttoria, e affronta puntualmente le diverse scansioni del procedimento tributario.
Il risultato dell’indagine è che nell’ordinamento positivo non sussiste una prospettiva unitaria in ordine al diritto di partecipazione del contribuente. Ad una conclusione diversa parrebbe potersi giungere dalla considerazione del diritto vivente.
L’obiettivo del lavoro, così, è quello di procedere ad una ricostruzione delle possibili modalità di difesa del contribuente lungo tutto il procedimento tributario.
In tale contesto lo Statuto dei diritti del contribuente appare aver assunto, nei tempi più recenti, una funzione assai importante; esso non è più, soltanto, uno strumento di attuazione dei principi costituzionali fondamentali per il diritto tributario, bensì un vero e proprio “catalizzatore” di una più vasta area di principi che non sono soltanto nazionali.
La sentenza della Corte di cassazione a Sezioni Unite del 29 luglio 2013 offre una prospettiva per cui nello Statuto trovano sintesi ed attuazione tanto i principi della Carta fondamentale quanto quelli già presenti nel sistema delle fonti e della giurisprudenza europea. Principi certamente già noti e persino applicati dalla giurisprudenza, ma in maniera frammentaria.
L’elemento veramente innovativo di tale prospettiva sta nel riconoscimento, oramai incontrovertibile, di un vero e proprio sistema di “principi generali del diritto dell’azione amministrativa e dell’ordinamento tributari”, per usare le stesse parole della Corte di cassazione. Il risultato dell’esercizio dell’azione nomofilattica della Corte sta nell’individuazione di un “modello normativo” che si sorregge sui pilastri delle regole costituzionali e di quelle di rango europeo. La conseguenza è immediata ed evidente: le infrazioni a tale modello normativo determinano immancabilmente l’invalidità dello stesso procedimento ma soprattutto dell’atto conclusivo dello stesso.
Tale prospettiva apre la strada al riconoscimento di un diritto di piena difesa nell’ambito del procedimento.
Ciò vuol dire che già in corso di procedimento sussistono, e sono meritevoli di tutela, ampie prerogative di difesa, e che esse non possono essere immotivatamente compresse.

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